Abbonamento 790/anno o 190/trimestre

Diario: maggio

Nel numero di marzo di Ny Tid, abbiamo iniziato con una rubrica sui periodici svedesi. È continuato qui e apparirà di nuovo a intervalli regolari.




(QUESTO ARTICOLO È TRADOTTO DA Google dal norvegese)

Ad aprile è stato pubblicato un nuovo numero della rivista critico (#47) dal titolo un po' enigmatico: "För att korrigera glimskan si deve cominciare dalla fine – hur det än lüttar", ea p.79 risulta essere dai primi versi di una poesia della poetessa algerina Samira Negrouche , der è co-editore di questo numero sul passato, la lingua e le donne algerine. Co-editore insieme a Sarra Anaya, Ida Börjel e Ylva Gripfelt, tra gli altri.

[ihc-hide-content ihc_mb_type = "mostra" ihc_mb_who = "1,2,4,7,9,10,11,12,13 ″ ihc_mb_template =" 1 ″]

Donne in battaglia. Il collage caleidoscopico, che adorna la copertina del numero 47, è firmato da Brokk'art e Hania Zaazoua, e ci sono anche alcuni esempi di questo tipo di montaggio che cita immagini all'interno del numero. C'è ambiguità tra il cacoicon e il seriale, e la stessa ambiguità caratterizza anche la composizione dell'intero numero. La voce autoriale femminile domina completamente le poesie e le conversazioni, ma i soggetti non sono solo l'isolamento di questa voce in Algeria, il suo passato e i suoi sentimenti, ma anche la testimonianza che queste poesie e conversazioni possono dare al lettore nel mondo: Prima di tutto , sulla lunga e sanguinosissima lotta di liberazione dal potere coloniale francese, dove le donne partigiane ebbero un ruolo decisivo, come ricorda la mia generazione dalla docu-fiction di Gillo Pontecorvo La battaglia dell'Algeri del 1966. Ed è anche una delle eroine di quella lotta, Zohra Drif, ad aprire il numero e a concluderlo sotto forma di una lettera indirizzatale dalla filosofa francese Hélène Cixous. Poi il rapporto tra i ricordi e le lingue che veicolano i ricordi e le voci coinvolte, non ultime le madri e quindi le lingue materne. Il brano ricorda il gioco tra l'arabo algerino e il berbero algerino: la versione scritta di quest'ultima lingua, il Tamazight, ha alle spalle uno sviluppo lungo e tumultuoso, la cui tristezza integra silenziosamente lo stato d'animo della poesia arabo-algerina di questo brano.

Rinascita della lingua svedese. Insieme al lungo, quasi incessante svolgersi della resa dei conti postcoloniale che si svolge nei testi, sono probabilmente le lingue che risuonano soprattutto nell'orecchio interno una volta terminata la lettura. I traduttori svedesi sono riusciti a trasmettere qui qualcosa di molto speciale: perché anche se deve essere il francese a garantire il passaggio dalla lingua parlata arabo-algerina e dal tamazight allo svedese, e anche se il francese in particolare è problematizzato in molti contributi come lingua del dominio e della metropoli, allora la traduzione in svedese è un po' una rinascita e un modo in cui una letteratura nata come "poesia carceraria" (p. 68) e le cui interpreti donne hanno dovuto lottare e continuano a lottare con una la mancanza di “proprio spazio” in pubblico può far uscire dalle tentazioni della malinconia con i suoi postumi claustrofobici. La traduzione è una via d’uscita, una porta sul mondo.

[/ ihc-hide-content]

Carsten Juhl
Carsten Juhl
Juhl vive a Copenaghen.

Potrebbe piacerti anche