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In una passeggiata nell'Europa di oggi

Fabian Göranson disegna un ritratto malinconico e affettuoso di un continente che vive ancora nel passato, ma alla disperata ricerca di un futuro possibile.




(QUESTO ARTICOLO È TRADOTTO DA Google dal norvegese)

Quando ho letto il libro di Fabian Göranson in forma seriale Il sogno dell'Europa, edito da Galago förlag, è ossessionato da un senso di déjà vu. La stessa sensazione che ho provato da adolescente quando ho letto il libro di Jack Kerouac sulla strada, il grande romanzo della beat generation, un viaggio attraverso i potenti USA.

Kerouac viaggiò tra il 1947 e il 1950, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Il viaggio è stato un tentativo di capire gli Stati Uniti e in cosa consisteva il sogno dell'America.

Fabian Göranson e il suo socio in affari Daniel Berg hanno viaggiato in giro per l'Europa per un mese a giugno 2018, alla ricerca di un'identità europea. Ma è anche un viaggio interiore: un pendolarismo costante tra il locale e il globale, il personale e il grande.

Dittatura, corruzione e deserti industriali

"Sono nato nel 1978, quando l'intera Europa dell'Est era governata da rigide dittature comuniste". Fabian si pone al centro del racconto, è la sua voce che racconta, è la sua visione del mondo surrealista che si offre. Non giudica, ma concreta, l'Europa di oggi è anche questo che ripete come un mantra: "Ucraina: guerra civile, Bielorussia: dura dittatura, Turchia: guerra civile e dittatura, Russia: dittatura".

"Bruxelles è come una Roma senza vini, come una sottocultura Kreuzber, come una post-apocalittica
Parigi."

Il viaggio è stato sia un viaggio di iniziazione che un romanzo educativo – hanno incontrato persone che hanno dato loro le chiavi di città e paesi – hanno viaggiato attraverso paesaggi lussureggianti e deserti industriali.

La Germania è allo stesso tempo frammentata e gravata di debiti – l'Italia corrotta e amichevole, scarsamente popolata e spopolata – i migranti dalla Macedonia e dal Montenegro viaggiano in squadre di costruzione. La nostalgia di casa è sparita.

In Ungheria, una Budapest si presenta con i muri tappezzati del volto di Soros. Cosa vuole questo capitalista filantropo che si fa conoscere per il suo sostegno ai rifugiati che arrivano in Europa?

A Varsavia, che fa da sfondo a edifici che sembrano del tutto identici a quelli distrutti durante la guerra, i giovani polacchi cercano di trovare risposte e speranze per il futuro.

Bruxelles, dove Fabian ha vissuto per due anni da adolescente, viene descritta così: «Bruxelles è come una Roma senza rovine, come una Kreuzberg senza sottoculture, come una Parigi post-apocalittica.»

In Francia è soprattutto Parigi a mostrare diversità e decadenza: «Tutta Belleville è come un grande matrimonio africano», scrive Fabian. Un tempo il quartiere era prevalentemente africano, ora hanno preso il sopravvento cinesi e vietnamiti.

Nel quartiere parigino del Marais, Fabian prova a mangiare un falafel da L'As du Falafel, ma la coda di centinaia di turisti lo spaventa. È forse nel Marais che il processo di gentrificazione è più tangibile. L'antico quartiere ebraico è stato oggi trasformato in una riserva di negozi di moda e viaggiatori facoltosi. Un vecchio hammam ora ospita un negozio Gucci.

Utilizzando disegni in blu e nero, Fabian Göranson disegna un ritratto malinconico e amorevole di un continente che vive nel passato, ma è disperatamente alla ricerca di un futuro vivibile.

Nel moderno Marco Polo

Il linguaggio è costantemente bello e barocco, le riflessioni di Göranson sono piene di risorse e appropriate. «Sogno città dove non sono mai stato», e la magnifica di Italo Calvino Le città invisibili (1972) emerge come un potente riferimento. Come un moderno Marco Polo, Göranson attraversa un continente devastato, costruito sulla schiavitù e sul colonialismo.

Come un moderno Marco Polo, Göranson viaggia attraverso un continente sfregiato che è stato costruito
sulla schiavitù e sul colonialismo.

La città di Nantes in Francia si arricchì grazie al commercio triangolare, gli schiavi neri venivano scambiati in città con tabacco, cacao e zucchero, che venivano rivenduti con grandi profitti. Perfino Voltaire, che scrisse feroci opuscoli contro la schiavitù, possedeva parte di una società che comprava e vendeva schiavi nella stessa città.

Durante il viaggio, Daniel e Fabian incontrano teorici e poeti, contrabbandieri e prostitute, muratori e intellettuali. Vivono in hotel semplici e mangiano fast food nei caffè. Tentano di mimetizzarsi. Viaggiano come moderni viaggiatori con lo zaino in spalla, ma portano con sé il peso di una modernità morente.

A Belgrado e in Macedonia Göranson vede chiare tracce della guerra, una guerra tribale nel mezzo dell'Europa, come veniva chiamata la guerra in Jugoslavia. Una guerra in cui l’incitamento all’odio era significativo e in cui i vicini si uccidevano a vicenda. In Grecia vede mendicanti e tossicodipendenti morire: il contrasto tra ricchi e poveri è estremo e i rifugiati che vivono nelle tende rendono la città un crogiolo.

L’Europa sull’orlo del divorzio?

Il libro di Fabian è sia personale che universale. Inizia con un accenno di divorzio e finisce con un divorzio: niente drammi, niente odio. La Svezia sicura è parte dell’Europa e del suo mistero, ma è anche un luogo di periferia, di confine, come lo chiamavano i romani borderline: i soldati che proteggevano i confini esterni dell'impero e venivano reclutati per lo più tra le tribù barbariche, a cui venivano date terre e oro per combattere le invasioni dei loro ex connazionali.

In una conversazione che Fabian Göranson e Daniel Berg hanno con coloro che incontrano lungo il viaggio, si riflette anche la preoccupazione per il flusso di rifugiati che migra verso l'Europa e che deve essere integrato.

La prescrizione romana era di renderli cittadini e di affidare loro la protezione delle frontiere. Resta da vedere se la soluzione odierna potrà essere simile.

Il sogno dell'Europa è allo stesso tempo onirico e surreale, ma allo stesso tempo è una lettura dolorosa, bella e fragile come un vaso greco.

 

Ana L.Valdes
Ana L. Valdés
Valdés è uno scrittore, antropologo e attivista.

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