La crisi finanziaria del 2008 ha fatto un cambiamento senza precedenti nell'economia – dal capitalismo industriale al capitalismo finanziario e dalla modernizzazione controllata dallo Stato del dopoguerra a un'economia neoliberista. Da allora abbiamo ricevuto numerose analisi di questo cambiamento e dei suoi motivi – sia i Keynesiani che si sono concentrati sui mercati privati non regolamentati sia quelli che hanno analizzato il calo dei tassi di profitto dopo 30 anni di sovrapproduzione nelle economie avanzate.
L'ultimo libro del filosofo belga Michel Feher Il tempo dell'investimento – "Il tempo investito" – è un contributo alla discussione di questo corso storico. Ma il libro è anche un tentativo di formulare una risposta politica e di designare nuove strategie con cui una politica di sinistra può respingere l'egemonia del capitale finanziario.
Il capitalismo di investimento
Parte del libro di Feher è una revisione storica della trasformazione economica in atto dalla metà degli anni '1970. L'autore la descrive come "una realizzazione distorta del neoliberismo" – distorta perché l'economia creata da Reagan e Thatcher, tra gli altri, differiva dalla teoria neoliberista che Friedman e Hayek svilupparono dopo la seconda guerra mondiale. Hanno immaginato una comunità di appaltatori, che gestiscono tutti una piccola impresa. I primi neoliberisti hanno criticato l'economia controllata dallo stato, che temevano avrebbe portato al socialismo.
Il neoliberismo di oggi viene spesso criticato proprio per aver creato una società in cui siamo tutti commercializzati piccole imprese in concorrenza tra loro.
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