(QUESTO ARTICOLO È TRADOTTO DA Google dal norvegese)
Secondo quanto riferito, l'antologia appena pubblicata avrebbe dovuto Manifesti d'avanguardia sono passati quasi vent'anni di lavoro. Vent'anni sono naturalmente un tempo lungo per un libro, ma relativamente breve se uno, come editore del libro, lo storico dell'arte Mikkel Bolt, prende la prospettiva storica molto ampia dell'avanguardia e della sua forma espressiva preferita: il manifesto. In questa prospettiva, si potrebbe anche dire che il libro ha avuto più di 110 anni di lavoro, da quando il futurista italiano Filippo Tommaso Marinetti sulla prima pagina del quotidiano Le Figaro nel febbraio 1909 strombazzò il suo amore sfrenato per l'età meccanica nuovo simbolo di bellezza e velocità, l'"automobile ruggente", che, come è noto, risuonava "come una raffica di mitragliatrice" quando guidava.
Quasi tutti i principali quotidiani danesi, da Information a Børsen, hanno recensito il libro Avantgarde manifests e si può dire che il modello sia lo stesso.
Con la pubblicazione del Manifesti d'avanguardia è l'avanguardia sul serio espresso in una serie di manifesti ben scelti e ben tradotti, che forniscono un'impressione generale della radicalità del progetto di ribaltamento della società, in cui si può dire che tutti i raggruppamenti dell'antologia siano stati impegnati. L'antologia ha sostanzialmente tutte le manifesti d'avanguardia classici tra cui: futurismo (sia italiano che russo), dadaismo, surrealismo e, dal secondo dopoguerra, dichiarazioni di gruppi come COBRA e Situationist Internationale. Inoltre, forse la cosa più eccitante, è molto dal limite del canone: la deriva inglese dal futurismo chiamato vorticismo, un sgradevole miscuglio di ciarlataneria inglese e culto dell'industria ("The Modern World is quasi interamente dovuto all'anglosassone genio"), i vari rami del movimento Komfut russo (comunisti-futuristi), ad esempio il Fronte di sinistra dell'arte, che voleva far dissolvere "il piccolo 'noi' dell'arte nel colossale 'noi' del comunismo" e rimodellare ogni giorno vita. Dopo la seconda guerra mondiale, sono i lettristi a spargere la voce per primi, un gruppo d'avanguardia relativamente trascurato incentrato sull'eccentrico ebreo di origine rumena Isidore Isou, che si considerava la figura redentrice dell'avanguardia, un messia dell'arte.
Civiltà europea
Manifesti d'avanguardia è strutturato in due grandi parti principali: una parte che raccoglie i manifesti classici delle cosiddette avanguardie storiche (dal 1909 al 1939 circa), e un'altra parte che raccoglie alcune dichiarazioni delle correnti d'avanguardia successive alla seconda guerra mondiale (ovvero dal 1945 al 1972 circa). Bolt fornisce a ciascuna parte del libro un contributo ricco e competente alla necessaria contestualizzazione storica e politica. Ecco un estratto dalla prima parte del libro, in cui Bolt descrive il periodo turbolento a cavallo del secolo, quando il progresso tecnologico, l'accumulazione di capitale e l'escalation militare diedero origine ai primi movimenti d'avanguardia: «Gli artisti d'avanguardia crebbe e rispose a queste condizioni burrascose, in cui la civiltà europea entrò nella devastazione della prima guerra mondiale e fu scossa dagli sconvolgimenti mondiali degli anni dal 1 al 1917: rivoluzioni in Russia e Messico, repubbliche socialiste di breve durata in Germania, Ungheria , e nella Persia settentrionale, rivolte contro il colonialismo in Irlanda, India e Cina, e massicci scioperi e movimenti di fabbrica in Italia, Spagna, Cile, Brasile e Stati Uniti. [...] una serie di ideologie concorrenti hanno combattuto contro il vecchio ordine e tra loro per il diritto di formulare un nuovo mondo.»
Rivoluzione
Per coloro che hanno familiarità con l'opera di Bolt come storico dell'arte e teorico dell'avanguardia, non sorprende affatto che il suo punto focale per l'antologia – come ha notato l'avanguardia alata Peter Laugesen nella sua recensione [vedi i giornali sopra] nel quotidiano danese Dagbladet Information – è la rivoluzione: La rivoluzione come l’hanno immaginata le avanguardie del XX secolo, tuttavia, non è avvenuta, o è stata realizzata in segno opposto rispetto alla coercizione neoliberista dell’innovazione, difficilmente può essere un argomento secondo cui il compito dell'avanguardia avrebbe dovuto essere un altro progetto, meno enfatico e più sottilmente «poetico». Il progetto dell'avanguardia era quello che era, poiché chiunque non sia d'accordo con la cura e l'inquadramento del materiale storico da parte di Bolt può ora accertarsene cercando lui stesso nei numerosi manifesti e dichiarazioni tradotti che sono ora disponibili insieme in danese. Ma in questo l'obiezione di Laugesen è in realtà abbastanza convenzionale, e anche del tutto in linea con l'ottica in cui molti oggi vogliono considerare l'avanguardia.
Quasi tutti i principali quotidiani danesi, da Information a Børsen, hanno avuto il libro Manifesti d'avanguardia per la revisione e si può dire che il modello sia lo stesso, solo con accenti diversi. Lars Bukdahl, recensore letterario del quotidiano Weekend e instancabile paroliere, può servire da esempio di una tendenza più ampia a voler separare gli esperimenti sulle forme artistiche dell'avanguardia dal suo impegno politico-sociale, in breve rivoluzionario. Entusiasta dell'energia esplosiva che ha Avangardemanifesto porta come regalo di compleanno, Bukdahl deve tuttavia dichiarare l'«antologia generosamente abbondante» che conosce per politico a suo piacimento: «Perché ci sono sproporzionatamente più manifesti (inclusi anche alcuni 'lookbacks') dei dadaisti tedeschi più politici e attivisti che dei non tedeschi sciolti?' si chiede Bukdahl, riferendosi alla dissolutezza del famoso nightclub Cabaret Voltaire di Zurigo, dove il movimento Dada decollò nel 1916 in un ambiente di artisti mitteleuropei in esilio. Era qui, al primo Dada-sera il 14 luglio 1916, Hugo Ball (altrimenti tedesco) chiese nel suo miglior Bukdahl: "Perché l'albero non può essere chiamato Plupusche pluplubasch quando ha piovuto? E perché deve assolutamente chiamarsi in qualche modo?»
La domanda infantilmente ingenua Spørge-Jørgen di Hugo Ball, "perché questo e perché quello, e perché davvero non dada", appare ancora più priva di significato di quanto originariamente intesa quando, come nel caso di Bukdahl, viene presa come reddito per una sorta di distaccato impulso modernista rinnovare il quadro del linguaggio in termini di forma e genere.
Dadaismo
Al contrario, bisogna sostenere, e qui il contributo di Bolt è un importante contrappeso storico, che il dadaismo fu allo stesso tempo una guerra di protesta contro gli orrori della Prima Guerra Mondiale e un tentativo balbettante e vacillante di lasciare che un bambino comunista non ancora nato della mondo parla nella sua lingua, un nuovo inizio delle prime fondazioni: «Dada ha origine dal dizionario. È terribilmente semplice. In francese significa cavallo a dondolo.» In una deliberata distorsione del "dubbio metodologico" del filosofo francese Cartesio, i dadaisti volevano realizzare la filosofia in una sorta di programma artistico-politico che abbracciasse e mettesse in discussione niente meno che l'intera sintassi della civiltà occidentale: "Non voglio sapere di tutte le parole che sono state inventate da altri. Tutte le parole sono state inventate da altri. Voglio il mio disordine – e le vocali e le consonanti che ad esso corrispondono.»
Il dadaismo fu allo stesso tempo una guerra di protesta contro la prima guerra mondiale
orrori e un tentativo balbettante e vacillante di lasciare che un mondo comunista non ancora nato irrompasse con il proprio linguaggio.
Se i manifesti delle avanguardie, oltre ad essere un “festoso fuoco d’artificio di luminose sciocchezze piene di significato” (Laugesen) continuano ad avere una giustificazione oggi, anche con vent’anni di ritardo, è perché inquadrano il progetto delle avanguardie. garde come distinto, sebbene ovviamente correlato, alla continua scomposizione estetica della forma del modernismo artistico in senso più ampio. Se «avanguardia» deve essere un termine storico significativo che dice qualcosa di diverso e di più delle designazioni generiche come «modernismo» o «arte moderna», allora, come Bolt sostiene con un’impressionante panoramica storica, è necessario portare questa corsa artistica verso il cielo in connessione con le tradizioni rivoluzionarie del XX secolo, il comunismo in particolare.