(QUESTO ARTICOLO È TRADOTTO DA Google dal norvegese)
Nel testo dei rivoluzionari siriani si avverte la rabbia tremante ma impotente per la condotta e l'onnipotenza degli statisti. Lo si sente anche in Carla Del Ponte, l'ex procuratore capo del Tribunale per i crimini di guerra dell'Aia, intervistata in più pagine su Der Spiegel, 24.11.2018/134/137: "Il male si annida, si contorce, taglia, è più veloce di quanto avresti voluto crederci» (pp. XNUMX–XNUMX).
La conversazione con il redattore dello Spiegel Romain Leick ad Ascona in Svizzera è permeata dal sentimento che tutti noi proviamo: che differenza tra la ricerca e l'arresto di criminali di guerra dell'ex Jugoslavia negli anni '90 e nei primi anni 00 e l'odierna «Straflosigkeit» per criminali ancora più persistenti e assetati di sangue come il popolo e gli alleati del regime di Assad. E Dal Ponte e i suoi 600 dipendenti dell'Aja hanno raccolto (tra il 2011 e il 2017) tutto il materiale per il grande processo contro i carnefici siriani, ma manca "la volontà politica" di portare avanti un processo così ampio da coinvolgerebbe Russia, Iran e Cina. Dal Ponte cita solo Putin come colui che verrebbe convocato subito. E né a lei né al suo staff è mai stato permesso di entrare in Siria, quindi hanno dovuto intervistare le vittime fuori, in Libano, Turchia e Giordania. "Non avrei mai pensato che saremmo sprofondati ancora una volta così in profondità", conclude Dal Ponte. È questo stupore, che i rivoluzionari siriani chiamano “allucinante”, che sta permeando tutta la politica del mondo, lentamente ma inesorabilmente. E permea le azioni di De Gule Veste, e ha colpito anche Rådhuspladsen il 10 dicembre (2018) per la manifestazione molto partecipata di Mellemfolkelig Samvirke "Nu er det nok" a Copenaghen. Ma gli statisti ovviamente sono del tutto incontrastati, perché la rabbia schiumante non ha i mezzi per realizzare anche la pia intenzione di mettere davanti a un giudice, ad esempio, Assad, Putin, Xi o il principe saudita Ben Sav.
Siamo andati oltre la fase legale. Adesso siamo nell'esercito. Si potrebbe chiamarla la doppia natura dell’impunità statale: l’onnipotenza rende l’abolizione dello Stato ipercorrente, insopportabilmente attuale, un’infestazione, uno spettro che è sempre lì, su tutto. Ecco perché devono sempre essere incluse le testimonianze di Aleppo e Ghouta, oppure quelle di Gaza e della Cisgiordania occupata, o del Tibet e dello Xinjiang.
Vedi il problema principale: Eco siriano/gilet gialli.