Agamben e l'etica della rinuncia

© Tino Poppe. I paesaggi post-fattuale derivano dall'osservazione di una cultura politica in cui il dibattito è inquadrato in gran parte da appelli alle emozioni disconnessi dai dettagli della politica
La comunità che verrà
Forfatter: Giorgio Agamben
Forlag: H//O//F (Norge)
La comunità che verrà è un testo dotto, ricco, complesso e in parte oscuro. Qua e là rasenta il misticismo: Agamben svuota con una mano l'essere di un Dio Padre patriarcale e, con Spinoza, con l'altra reintroduce la divinità di tutte le cose, prima di ricacciare tutto nel profano, per conservare il " soluzione", un'aura tremante, davanti a noi.

Due tentativi di stabilire comunità hanno segnato il secolo scorso; entrambi subirono naufragi. Uno, quello del comunismo sovietico, che inizialmente cercava giustizia, avrebbe costruito una comunità basata sui diritti di proprietà collettiva, governata da un'élite auto-nominata, la dittatura del proletariato. L'altro, quello del fascismo, che cercava l'ingiustizia, avrebbe costruito una comunità basata sulla purezza e la forza biologica, governata da un autoproclamato dittatore.
Entrambe le forme di società condividevano una caratteristica centrale con le comunità che le persone si sono stabilite nel corso dei secoli, che sia stata quella di clan, classe, razza, religione, guerra, genere o patria: le comunità che conosciamo si stabiliscono delimitandosi in relazione al mondo esterno ed escludendolo che non si sottomette.
In Russia, il comunismo è stato sostituito dal capitalismo oligarchico in cui le persone sono ora legate da un nazionalismo escludente e religiosamente sostenuto; in Occidente, una democrazia gradualmente erosa è stata sostituita da un ipercapitalismo (che sta prosciugando le risorse del pianeta), in cui le persone sono unite dall'autoglorificazione ideologica e dall'illusione della libertà individuale come un nuovo paradiso sopra il saccheggio delle persone e della natura.

Opportunità comunitaria. Ripensare la comunità dopo i disastri del secolo scorso non è stato facile, ed è gran parte del motivo per cui un capitalismo aggressivo ha avuto libero sfogo; non ci sono state alternative ovvie. A parte alcuni tentativi negli anni Sessanta e Settanta, dove, tra l'altro, si sperimentavano strutture di potere piatto, e ora importanti, in corso, sperimentazioni troppo poco notate con eco-collettive ed ecovillaggi, c'è stato silenzio sull'effettiva pensare a cosa può essere una comunità che non è basata sull'esclusione.
Ma nel 1983 il silenzio fu rotto. Poi è arrivato il libro di Jean Luc-Nancy La communauté désoeuvrée, che può essere tradotto come "The de-working" o "The non-implementing community". Il libro è stato accolto nello stesso anno da La Communauté inevitabile di Maurice Blanchot, “Il non detto . . .

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